domenica 26 maggio 2013

Il dileggiato



Tutti sappiamo più o meno qualcosa sulla grande pittura italiana e perciò tutti abbiamo visto qualche opera del Beato Angelico. E’ facile, perciò, avere uno sguardo superficiale perché certi riferimenti diventano talmente quotidiani che si impoveriscono.

L’artista è colui che crea qualcosa per il popolo. Fra Giovanni venne definito beato nel significato di fortunato perché è uno dei pochi pittori che identifica la sua pittura con il senso della sua vita. Voleva vedere il volto del suo Dio. Hegel dirà che non c’è pittura più significativa di questa. Divenne l’Angelico perché non era un semplice artista di bottega, come molti a quel tempo, ma era colui che, in mezzo a quelli che vivevano con lui della medesima identità, aveva saputo raffigurare ciò che avevano cercato e trovato.

Ogni uomo porta in sé la domanda di bellezza, giustizia e verità perché ogni progetto di vita è una ricerca della bellezza e della giustizia. Domandare tale compimento è domanda globale che sinteticamente è domanda di “dio”. Ognuno cerca tale suo “dio” (lettera minuscola) cioè tale realizzazione globale.
Beato Angelico volle raffigurare il volto del suo Dio. Una persona qualunque, come ognuno dei suoi simili, era entrato nella storia degli uomini con questa pretesa di essere Dio, perciò il volto di Cristo è il volto di Dio.
Cristo venne deriso, schernito nel senso più volgare e osceno del termine, non da Pilato o dai Romani, bensì dal Sinedrio, cioè da una comunità che fondava su Dio il suo esistere. Una struttura religiosa di potere non poteva accettarlo e lo accusò di bestemmiare proprio per essersi detto Dio. 

Era impossibile che uno che conoscevano, con quel volto particolare, fosse la rivelazione del senso ultimo dell’esistere. Egli, di fronte a tale mentalità di potere, tace perché la sua legge era “vieni, vedi, seguimi”. Una delle celle del convento dove Beato Angelico visse e dipinse, che oggi è lo splendido Museo San Marco nel centro di Firenze, conserva l’immagine del “Cristo deriso”. Un’immagine che pone l’interrogativo se Dio non sia diventato un’entità religiosa o filosofica o antropologica alta ma senza legame con il presente di ogni uomo. E in ciò non si compia nuovamente il dileggio del Cristo.

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