martedì 25 giugno 2013

Tiburtino 38

Quando la guerra del ’45 aveva ormai distrutto, oltre allo stato fascista, anche mezza Roma, avveniva di certo nell’animo dei cittadini una scoperta: quella di aver bisogno di recuperare il tempo.
Recuperare il tempo significava sia ricostruire, ricominciare una nuova nazione, sia fermarsi, riposarsi fisicamente dopo gli assurdi sforzi degli ultimi anni.
Anche l’architettura romana avverte questo duplice bisogno di ricostruire e di far riposare: per questo opta per un nuovo (o molto vecchio) linguaggio, lontano dalle forme audaci del moderno e ispirato piuttosto ai tranquilli borghi antichi.


E’ un cambio di linguaggio, ma non di contenuto: il fine è lo stesso del movimento moderno, quello di sviluppare le abitazioni in modo funzionale ed equo per ciascuno, incentivando anche la socialità; ma aggiunge un contenuto in più: quello della memoria che ogni italiano ha (tanto ripugnata dall’avanguardia) per il paesino, per il conosciuto, per l’intimità.
E’ un’architettura povera, non si richiama a forme tradizionali perchè più maestose; i caratteri ripresi non sono quelli dei grandi palazzi rinascimentali, ma quelli delle case comuni dei centri storici medievali.
E così nasce il quartiere Tiburtino 38 della INA casa, progettato da Quaroni e Ridolfi.
Andateci; salite sul ballatoio delle case in linea e guardate da lì le torri a pianta stellare; scendete ed entrate nella corte che formano le altre abitazioni; passate sotto le “volte”, camminate sui vialetti e sulle scale; scoprite i dettagli che ritornanoin ogni costruzione, ammirate gli incastri volumetrici, i balconi dalle forme più originali e quelli ripresi dalle case di Trastevere.
Anche questo è un’altro di quei luoghi fuori contesto che si incontrano all’improvviso a Roma, di cui ti accorgi per il silenzio e per i dettagli; come la Basilica dei Santi Quattro Coronati, come l’Aventino, come il quartiere Coppedè o Porta san Sebastiano.
Via  Ste:pol:ar

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