martedì 29 aprile 2014

La facciata e la piazza - 2

Quando la chiesa non rinuncia a mostrare la facciata, si creano situazioni interessanti soprattutto quando determinati limiti di spazio e tempo impediscono un progetto puro e semplice; cioè quando la facciata si deve adattare alla strada o alla piazza, o ai limiti economici, o ai cambiamenti della città intorno. Camminando per Roma si osservano tanti esempi di questo tipo.

Un esempio è la chiesa di S. Silvestro al Quirinale, la cui facciata è completamente slegata dall'orientamento dell'edificio, essendo questo diagonale rispetto alla strada. La causa di ciò è che la nuova via XXIV Settembre sostituì la via di Monte Cavallo precedente: "la chiesa si trovò perciò a essere sopraelevata di circa 9 metri rispetto al nuovo piano stradale. Il problema dell'accesso fu risolto lasciando un portale "teatrale" sul piano stradale costruendo una scala interna (con ingresso da un portoncino a fianco) per accedere alla chiesa. L'ingresso in questo modo non è più frontale, come normalmente accade, ma avviene, dopo aver salito due rampe di scale discretamente ripide, dal transetto sinistro, con un singolare effetto di spaesamento."

Altro esempio è Santa Maria della Luce, la cui la facciata avrebbe dovuto essere barocca, ricoperta di marmi pregiati e mille decorazioni, e invece rimase incompleta per mancanza di fondi. Ne resta l'anima curva e organica, un muro spoglio, intonacato del colore dei muri romani, fra il giallo e il rosso; è come una costruzione coloniale latinoamericana in un centro storico europeo. Entrando, un piccolo spazio irregolare nasconde la differenza di orientamento fra l'aula e la facciata, che si nota però guardando l'oculo centrale.
S. Maria in Trivio, vicino alla Fontana di Trevi, ha una piccolissima facciata che, nel tempo, è stata sommersa da altre costruzioni, a sinistra e sopra. L'effetto è quello di un pezzo di carta incollata, e paradossalmente non ci si aspetta che dietro vi sia veramente una chiesa.
Queste facciate nate da eventi non previsti danno vita ad un'architettura dell'errore, che è spesso la più bella perchè non è pensabile.

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